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Droga, soldi e politica. Nei paesi dell'Asia-Pacifico il consumo di anfetamine cresce come il Pil

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Nelle economie dell'Asia orientale e del Pacifico il Pil cresce quasi in proporzione con l'Ats. Dove Ats sta per amphetamine-type-stimulants, soprattutto metanfetamine, droghe di sintesi che provocano assuefazione e gravi danni al sistema nervoso centrale. È uno dei dati più rilevanti del rapporto dell'Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime), l'ufficio delle Nazioni unite che ha il mandato di collaborare con gli stati nella lotta alla droga, al crimine e al terrorismo, presentato a Bangkok e Tokyo il 25 novembre. Le Ats sono tra le tre droghe più utilizzate in tutti gli 11 stati analizzati.

«L'uso delle metanfetamine per avere più energia è uno dei motivi principali d'acquisto» dice Gary Lewis, rappresentante dell'Unodc per l'Asia orientale e il Pacifico, di base a Bangkok. «Le droghe sintetiche ormai rappresentano una delle maggiori sfide alla sicurezza umana in quest'area. Come uno tsunami, un terremoto, il cambiamento climatico. È una sfida determinata anche dalla povertà e dal desiderio di superarla, sottoponendosi a ritmi di lavoro massacranti».

Le cifre del rapporto sono indicative sia della gravità del fenomeno, sia della sua indeterminatezza. Secondo il rapporto, si stima che una cifra variabile tra i 3,4 e i 20,7 milioni di persone nello scorso anno abbia fatto uso di Ats, su un totale di consumatori globali variabile da 14 a 53 milioni di persone.

Il dato più impressionante riguarda la diffusione di una nuova, devastante droga utilizzata dai più dannati di questa parte di mondo: la ketamina. Che non è altro che un anestetico veterinario. Nel 2009 ne sono state sequestrate 6,9 tonnellate (rispetto alle 6,3 dell'anno precedente) e circa l'85% di tale quantità era stata prodotta in Asia Orientale e sud-est asiatico. «È molto più economica perché facilissima da trovare sul mercato. In compenso, se si può dire, un'improvvisa per quanto relativa prosperità nei paesi dell'area porta ugualmente a un aumento del consumo delle droghe. Con l'aumento della ricchezza, poi, ci si sposta su prodotti più raffinati e costosi come l'Ecstasy. Alla fine è difficile stabilire le connessioni causali tra consumi di droghe ed economia. Non c'è una verità assoluta sugli andamenti. I fattori sono moltissimi, da quelli geografici a quelli culturali. Stiamo parlando di esseri umani» spiega Gary. È come se quest'uomo, dal fisico imponente, laureato in Affari Internazionali alla London School of Economics, che suona il basso, ha la passione delle immersioni e studia paleoantropologia, rifiutasse un'analisi puramente economica, statistica, del fenomeno, cercandone radici più profonde, che in alcuni casi sembrano affondare nel Dna storico. È il caso, ad esempio dell'incremento dell'attività di gruppi criminali provenienti dall'Africa Occidentale, in particolare dalla Nigeria. «Possono sembrare "fuori posto" qui» dice, in risposta a un'evidente stupore. «Li ho visti in posti molto più improbabili: in Pakistan, in Afghanistan. Che cosa ci facevano là? In realtà credo che, in alcuni casi, queste organizzazioni derivino da una sorta di volontà di rivincita etnica». Gary ha l'esperienza per valutare la situazione: lavora per l'Onu da 23 anni e prima di arrivare a Bangkok ha operato in Pakistan, Afghanistan, Sud Africa.

In altri casi la nuova economia globale va a infrangere le tradizioni culturali più radicate. La diffusione delle Ats in quest'area, ad esempio, si sovrappone all'uso di droghe autoctone come l'oppio. «Le Ats essere possono essere prodotte in laboratori clandestini familiari, senza uso di attrezzature complicate, utilizzando elementi e formule alla portata di tutti» dice Gary. Facilità amplificata dal fatto che in tutta l'area asiatica si stanno sviluppando industrie chimiche e farmaceutiche legali da cui si possono ottenere, in un modo o nell'altro, prodotti e know how.

«L'oppio e i suoi derivati, invece, richiedono colture estensive, molto più facilmente identificabili e dipendono dal clima e dal territorio» spiega Gary. Ma c'è un motivo più importante alla base della loro diffusione. «Le Ats sono divenute una commodity, regolate da una precisa strategia di mercato, come per qualsiasi altro prodotto. Solo che questo è illegale. Lo sviluppo dell'area, l'accelerazione dei movimenti, la costruzione d'infrastrutture e la conseguente riduzione dei costi di trasporto, la liberalizzazione del commercio tra i paesi dell'Asean (Associazione dei paesi del sud-est asiatico), hanno facilitato anche i traffici di droga».

I network regionali, la connettività, le infrastrutture, hanno modificato anche il profilo delle organizzazioni di trafficanti. «Non si può più pensare nei termini della French Connection, dei clan di marsigliesi o della Mafia, delle cartelli della droga tradizionali insomma. Adesso buona parte del traffico di droga è in mano a free lance. La globalizzazione crea molte opportunità per gli "imprenditori" privati» dice Gary, che fa l'esempio di un imprenditore ormai molto noto, sia pure in un altro settore: Viktor Bout, il trafficante d'armi russo arrestato a Bangkok nel 2008 ed estradato negli Usa pochi giorni fa. Bout stesso si definisce un businessman, un imprenditore: porta a dimostrazione il fatto che i suoi aerei erano carichi di ogni genere di merci. Oltre alle armi (che ammette di aver trasportato, ma non comprato o venduto), anche legname, mobili, attrezzature mediche. Addirittura fiori.

Gli "entrepreneurs" come Bout e come li chiama Gary, a loro volta, hanno generato un indotto: una categoria di avvocati, affaristi, intermediari che si occupano del riciclaggio del denaro, delle transazioni commerciali, della tutela legale. «Per noi è diventato tutto più difficile. Non è più uno contro uno. Non dobbiamo confrontarci con un'organizzazione, per quanto potente. Combattiamo con qualcosa di amorfo, d'indistinto». Proprio perché si è creato questo underworld globale il compito dell'Unodc appare decisivo, nella necessità di aggregare, analizzare e sintetizzare le informazioni. «Bisogna ammettere che la qualità delle informazioni che ci arrivano è molto migliorata» dice Gary, che però non vuole pronunciarsi su alcuni buchi neri. È' comprensibile: questa intervista è stata rimandata di qualche ora proprio perché era impegnato a risolvere una microcrisi diplomatica tra Unodc e governo del Myanmar (com'è ufficialmente denominata la Birmania) creata dalla presentazione del rapporto.

Secondo l'Unodc, infatti, ci sono parecchie incongruenze tra la diffusione delle Ats, la quantità di sequestri e il numero di laboratori individuati. E il Myanmar rappresenta il caso più clamoroso: nel 2009 sono stati sequestrati 24 milioni di pillole mentre negli ultimi dieci anni sono stati localizzati 39 laboratori. Piccoli. Secondo il giornalista Bertil Lintner, che da molti anni vive in Thailandia e segue sul campo tutti "gli affari sporchi" di quest'area, l'Unodc non potrà mai definire un'efficace politica di contrasto alla droga in Birmania finché non sarà risolto il conflitto tra le milizie etniche (molte delle quali si finanziano proprio con la droga) e governo (che sembra voler assumere il controllo del traffico).

Per Gary, tuttavia, questo non è il solo problema. Oltre gli intrecci di «droga, soldi e politica» in Birmania ci sono quelli che la cui trama viene tessuta in Iran. Sopra tutto e tutti ci sono i gruppi del Transnational Organized Crime. Come rileva un altro rapporto dell'Unodc «hanno raggiunto proporzioni macroeconomiche. I beni illegali sono prodotti in un continente, trafficati in un altro e commerciati in un altro». Un business da 125 miliardi di dollari l'anno. «Cambiano i modelli ma alla fine è sempre la stessa storia: droga, denaro, potere» dice Gary. E ripete: «Stiamo parlando di esseri umani».

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